Assicurazione sulla vita: in caso di generica designazione degli “eredi” (legittimi) quali beneficiari del contratto, l’indennizzo assicurativo va ripartito tra gli eredi in parti uguali e non invece secondo le quote ereditarie.
La designazione generica degli “eredi” come beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita, in una delle forme previste dell’art. 1920 c.c., comma 2, comporta l’acquisto di un diritto proprio ai vantaggi dell’assicurazione da parte di coloro che, al momento della morte del contraente, rivestano tale qualità in forza del titolo della astratta delazione indicata all’assicuratore per individuare i creditori della prestazione. La designazione generica degli “eredi” come beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita, in difetto di una inequivoca volontà del contraente in senso diverso, non comporta la ripartizione dell’indennizzo tra gli aventi diritto secondo le proporzioni della successione ereditaria, spettando a ciascuno dei creditori, in forza della eadem causa obligandi, una quota uguale dell’indennizzo assicurativo. Allorchè uno dei beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita premuore al contraente, la prestazione, se il beneficio non sia stato revocato o il contraente non abbia disposto diversamente, deve essere eseguita a favore degli eredi del premorto in proporzione della quota che sarebbe spettata a quest’ultimo.
Frequentemente, nelle polizze sulla vita a favore di terzo, i beneficiari vengono identificati genericamente con la dizione di “eredi”.
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza 30 aprile 2021, n. 11421, hanno chiarito che tale indicazione è meramente descrittiva e non rinvia all’applicazione delle regole successorie, considerato che il contratto assicurativo è un atto inter vivos con cui si attribuisce un diritto di credito che trova la propria fonte nel contratto stesso. Da ciò discende che l’indennizzo assicurativo vada giustappunto suddiviso tra gli eredi beneficiari in parti uguali e non in proporzione delle quote ereditarie.
Tuttavia in seno alla giurisprudenza delle sezioni semplici della Suprema Corte di Cassazione si erano sviluppati due differenti orientamenti, l’uno più risalente e consolidato inquadrante l’assicurazione sulla vita nello schema del contratto a favore di terzo, con la conseguenza che l’indicazione generica di “eredi” varrebbe unicamente ad individuare i beneficiari, senza un rinvio materiale alla disciplina successoria; l’altro, minoritario, secondo cui la ripartizione dei vantaggi dell’assicurazione dovrebbe avvenire secondo le regole successorie.
L’ordinanza interlocutoria n. 33195/2019, evidenziato come le due difformi interpretazioni giurisprudenziali conducono ad esiti notevolmente divergenti anche sotto il profilo delle attribuzioni economiche che avvantaggiano i beneficiari, ha dunque sottoposto le tre seguenti questioni di diritto alle Sezioni Unite:
a) se in materia di assicurazione sulla vita in favore di un terzo, genericamente riferita ai “legittimi eredi”, detta espressione sia meramente descrittiva di coloro che, in astratto, rivestono la qualità di eredi legittimi o se debba intendersi, invece, che sia riferita ai soggetti effettivamente destinatari dell’eredità;
b) se la designazione degli eredi in sede testamentaria possa interferire, in sede di liquidazione di indennizzo, con la individuazione astratta dei legittimi eredi;
c) se l’indennizzo assicurativo debba avvenire fra gli eredi beneficiari in proporzione delle rispettive quote ereditarie o in quote uguali stante la natura di “diritto proprio” sancita dalla norma (cfr. art. 1920 c.c., u.c.).
Orbene, le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione hanno risposto unitariamente ai primi due quesiti (sub a e sub b) prendendo le mosse dall’argomentazione giuridica che l’assicurazione sulla vita è un atto inter vivos, con effetti post mortem, con la conseguenza che non si applicano le regole della comunione ereditaria in quanto la prestazione promana dal patrimonio dell’assicuratore e non dall’asse ereditario dell’assicurato.
Ne segue che, operando su piani diversi l’intenzione di disporre mortis causa delle proprie sostanze e l’assegnazione a terzi del diritto contrattuale alla prestazione assicurativa, in quest’ultima fattispecie debbano considerarsi eredi quelli che sono tali al momento della morte dello stipulante, in virtù della delazione, tant’è che l’eventuale istituzione di erede per testamento compiuta dal contraente assicurato dopo aver designato i propri “eredi (legittimi)” quali beneficiari della polizza non rileva nè come nuova designazione per attribuzione della somma assicurata, nè come revoca del beneficio, agli effetti dell’art. 1921 c.c., ove non risulti una inequivoca volontà in tal senso.
Venendo alla terza questione, la natura inter vivos del credito attribuito per contratto agli “eredi” designati quali beneficiari dei vantaggi dell’assicurazione esclude l’operatività riguardo ad esso delle regole sulla comunione ereditaria.
In forza della generica designazione degli “eredi” quali beneficiari dell’assicurazione sulla vita a favore di terzo, la prestazione assicurativa vede quali destinatari una pluralità di soggetti in forza di una eadem causa obligandi, costituita dal contratto. Rispetto alla prestazione divisibile rappresentata dall’indennizzo assicurativo, ove non risulti diversamente dal contratto, a ciascuno dei beneficiari spetta una quota uguale, il cui pagamento ciascuno potrà esigere dall’assicuratore nella rispettiva misura.
In effetti, osservano le Sezioni Unite: il silenzio serbato dal contraente sulla suddivisione del capitale assicurato tra gli eredi potrebbe spiegarsi come indizio della sua volontà di utilizzare l’assicurazione sulla vita per il caso morte con finalità indennitaria, o come alternativa al testamento comunque sottratta al divieto ex art. 458 c.c., in maniera da beneficiare tutti indistintamente senza soggiacere alle proporzioni della successione ereditaria. Rimane ovviamente ferma la libertà del contraente, nel designare gli eredi quali beneficiari dei vantaggi dell’assicurazione, di indicare gli stessi nominativamente o di stabilire in quali misure o proporzioni debba suddividersi tra loro l’indennizzo, o comunque di derogare all’art. 1920 c.c. (arg. dall’art. 1932 c.c.).
Infine, una quarta ulteriore questione viene sollevata e affrontata da parte delle Sezioni Unite della Cassazione: la premorienza di uno degli eredi, ossia se uno dei beneficiari decede prima dell’assicurato. In tale particolare circostanza, trova applicazione il secondo comma dell’art. 1412 c.c., secondo il quale “la prestazione deve essere eseguita a favore degli eredi del terzo se questi premuore allo stipulante, purchè il beneficio non sia stato revocato o lo stipulante non abbia disposto diversamente”, con conseguente trasmissibilità agli eredi del terzo premorto della titolarità dei vantaggi dell’assicurazione in proporzione alla quota che sarebbe spettata a costui, in quanto si tratta di un diritto che gli eredi ottengono iure successionis e non iure proprio.
Ne segue che la premorienza di uno degli eredi del contraente, già designato tra i beneficiari, non comporta l’accrescimento a favore dei restanti beneficiari, ma determina il subentro per rappresentazione degli eredi del terzo premorto ai sensi dell’art. 1412, comma 2, c.c.
In conclusione, i seguenti principi di diritto enunciati dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza di cui in epigrafe:
La designazione generica degli “eredi” come beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita, in una delle forme previste dell’art. 1920 c.c., comma 2, comporta l’acquisto di un diritto proprio ai vantaggi dell’assicurazione da parte di coloro che, al momento della morte del contraente, rivestano tale qualità in forza del titolo della astratta delazione indicata all’assicuratore per individuare i creditori della prestazione. La designazione generica degli “eredi” come beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita, in difetto di una inequivoca volontà del contraente in senso diverso, non comporta la ripartizione dell’indennizzo tra gli aventi diritto secondo le proporzioni della successione ereditaria, spettando a ciascuno dei creditori, in forza della eadem causa obligandi, una quota uguale dell’indennizzo assicurativo. Allorchè uno dei beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita premuore al contraente, la prestazione, se il beneficio non sia stato revocato o il contraente non abbia disposto diversamente, deve essere eseguita a favore degli eredi del premorto in proporzione della quota che sarebbe spettata a quest’ultimo.